La Triennale di Milano ospita dal 2007 il Triennale Design Museum, il primo e più importante museo di design italiano, che non ha il «solo» compito di testimoniare le storie e le espressioni della disciplina; il Design Museum ha anche la grande qualità di studiare e riconoscere la bellezza e di emozionare e coinvolgere il pubblico attraverso di essa, con modalità dinamiche e interattive. Un museo critico, che si interroga sul design – come spiega la sua direttrice, Silvana Annichiarico – e che si impegna in ricerca e sperimentazione continua.
Amanti della classe, dell’eleganza, dello stile italiano e con lo sguardo sempre alla ricerca e all’innovazione, noi di Carapelli ci siamo incuriositi sull’iter della mostra che porta il titolo stimolante di «Storie. Il Design italiano». A 125 anni dalla fondazione, Carapelli è sensibile a storie, a racconti, a creatività per poter festeggiare con la dovuta cura l’importante anniversario.
E trova nella visione di questa mostra – ma anche del museo tutto – un interessante spunto di riflessione.
Il design è, infatti, interpretato qui nella sua funzione quotidiana di assecondare e in parte influenzare la vita di tutti: un oggetto di design diventa iconico quando rappresenta e interpreta una fase precisa della storia sociale, dal punto di vista tecnico e culturale.
La mostra attualmente allestita (fino al prossimo gennaio 2019) porta al pubblico ben 180 soggetti, creati tra il 1902 e il 1998: molti di essi sono delle vere e proprie icone della vita italiana e rappresentano abitudini, umori, evoluzioni e rivoluzioni del periodo cui fanno riferimento.
Ne scegliamo qui soltanto tre, che hanno richiamato al nostro immaginario diversi aspetti dell’evoluzione sociale, economica e intellettuale dell’Italia del Novecento. Tre simboli di abitudini, necessità, ambizioni diverse e complementari.
La vespa è una vera icona della storia italiana, nata nel 1946 da un ingegnere aeronautico, Corradino D’Ascanio, con lo scopo di proporre un modello alternativo di motocicletta.
Nel giro di pochi anni si trasforma nel simbolo della ricostruzione del dopoguerra: prima di una società prettamente industriale, poi assurta a fenomeno di costume, di cinema, di export fino ad esser protagonista assoluta della comunicazione.
La lettera 22, il prodotto di maggior successo di Olivetti negli anni Cinquanta, è un pluripremiato simbolo di tecnologia e design italiani: icona di una classe borghese colta, in netta crescita dagli anni Sessanta in poi, è inseparabile compagna di celebri autori, scrittori e giornalisti.
Un vero mito è divenuta quella di Indro Montanelli, tanto da divenire essa stessa simbolo ancora attuale della professione giornalistica.
La Graziella (del 1964) è invece un emblema femminile di praticità, di indipendenza e di divertimento; la possibilità – tutta «a colori»! – di ottimizzare il tempo libero all’aria aperta anche per le donne è una conquista e il dinamismo di una bicicletta comoda e pieghevole ne aumenta l’impatto.